In Italia in questi giorni si sta parlando dell’app Immuni, un’app di tracciamento, che è stato pensato per gestire la seconda fase della pandemia, ovvero per contenere la diffusione del virus verranno segnalati i contagiati.
A Liechtenstein, in un piccolo Stato tra Austria e Svizzera, sempre per limitare i contagi da coronavirus invece stanno sperimentando il braccialetto biometrico dove in tempo reale vengono individuati eventuali contagiati. Precisamente il braccialetto ha la funzione di monitorare la salute, raccogliendo diversi dati, tracciando così le persone che sono entrate in contatto con il COVID-19.
Hanno pensato di utilizzare un braccialetto elettronico che è già in commercio e che normalmente viene utilizzato dalle donne per sapere quando è il loro periodo fertile.
Il braccialetto è in grado di misurare parametri vitali come l’ossigenazione del sangue, il respiro e la temperatura della pelle. Lo scopo principale è quello di individuare tempestivamente i positivi al coronavirus in modo tale da isolarsi ed evitare che contagino altre persone.
Si tratta esattamente di un progetto pilota e quindi lo stanno testando solo su una piccola percentuale della popolazione, esattamente il 5%. Sono persone che coprono una fascia di età compresa tra i 33 e i 52 anni.
Naturalmente se l’utilizzo di questi braccialetti dimostrerà di essere utile ed efficace ne produrranno altri per distribuirli a tutta la popolazione entro l’autunno prossimo. Purtroppo le autorità del Principato per quel periodo temono una seconda ondata pandemica.
Inoltre sembrerebbe che i braccialetti non violino la privacy delle persone, a differenza di quanto si sospetta che facciano le applicazioni installate sui dispositivi elettronici.
Tutto il mondo si sta organizzando a gestire la pandemia in modo tale da limitare il più possibile i contagi. Oltre l’Italia ci sono diversi Stati che si sono muniti di app per tracciare il contagio coronavirus. Fino a qui tutto bene se non fosse per il fatto che ci sia la possibilità che queste app non rispettino la privacy e quindi non sono sicure perché non tutelano i dati personali degli utenti.
Ad esempio com’è accaduto recentemente in Olanda. L’agenzia ansa.it ha riportato che: “… una delle applicazioni proposte al governo olandese, Covid19 Alert!, ha subito un ‘data breach’, cioè una esposizione di dati … “
Stando a quanto scrive il quotidiano DeStandard, circa 100-200 nomi, email, password criptate sono state rese pubbliche. “Un errore umano, in mezz’ora abbiamo risolto”, dice uno dei creatori dell’app Covid19 Alert!.
I dati, non si comprende la causa, erano accessibile da una diversa app degli sviluppatori, un problema causato, secondo gli stessi, dalla fretta e “da un errore umano”.
L’app consente di comprendere se con il telefono si è stati vicini a quello di un paziente con il coronavirus, esattamente come accade per altre applicazioni, compresa Immuni, quella scelta dal governo italiano. Gli sviluppatori hanno invitato le persone che hanno usato l’app ad eliminare i dati memorizzati ed è stato anche informato il Garante privacy olandese”.
In futuro ci dovremmo preoccupare anche della nostra privacy e sicurezza virtuale? Non ci bastano le diverse preoccupazioni che viviamo quotidianamente nella vita reale a causa della pandemia? Non si può sempre sperare nella buona sorte, chi realizza queste app deve agire pensando seriamente alla sicurezza delle persone. Non possono e non devono assolutamente approfittare della vulnerabilità del momento per trarre dei vantaggi personali.
Sta al Governo vigilare sui sviluppatori e produttori di app e constatare se rispettano la legge sulla privacy.